Percorsi dell’acqua

Padula, Le acque di Mandrano e Mandranello

Salendo in quota, i Monti della Maddalena regalano sorprese inaspettate anche a Padula. Siamo ai confini con la lucana Val d’Agri, nel cuore del “Sito di Interesse Comunitario” denominato “SIC Monti della Maddalena”, che tutela alcune specie ed habitat di interesse europeo. Lontano dal paese, a poco più di mille metri di altitudine, dopo una lunga strada che risale tra i boschi, d’improvviso si apre una verde valle difesa dai monti, è Mandrano. Una stradina invita a costeggiare l’ampia piana. Non troviamo abitazioni, ma alcune stalle dicono che è una zona naturalmente vocata all’allevamento. Gli stessi monaci della certosa di Padula, situata nella pianura del Vallo di Diano ai piedi del paese, possedevano in quest’area allevamenti di bovini, ovini e caprini, e forse anche di bufale, visto che all’interno del monastero c’era una bufalaia. I toponimi Mandrano e Mandranello, che è poco più avanti, rimandano proprio alle mandrie cresciute in questo territorio. Proseguendo per la nostra stradina, salendo un po’ di quota, ci si ritrova finalmente nell’Oasi naturale di Mandranello, un bacino idrografico dove le acque sono accolte in un inghiottitoio che lentamente le lascia defluire in sconosciuti percorsi sotterranei. Per lunghi periodi invernali, la neve ricopre copiosamente l’area e le temperature rigide ne fanno un suggestivo lago ghiacciato circondato da faggete. Con l’arrivo della primavera il lago sparisce, inghiottito da quelle cavità carsiche che ne fanno il serbatoio naturale delle sorgenti che dissetano la vicina Paterno, sul versante lucano. Il carattere rurale di Mandrano si trasforma in qualcos’altro quando entriamo nella conca di Mandranello. Non solo perché il bosco avvolge completamente l’area pianeggiante. Tanti edifici, di varia natura, costellano il margine della vallata o i crinali dei rilievi circostanti, incuriosendo molto chi li incontra man mano che fa il percorso ad anello. Scopriamo che dagli anni Cinquanta ospitarono fino a duemila militari, che li usavano per i loro addestramenti: uno era una piccola caserma e altri erano capannoni per lo stoccaggio delle polveri da munizione. Tutti portano i segni di un abbandono che dura da qualche decennio, da quando negli anni Novanta ci vollero mesi per smantellare la polveriera. Gli abitanti di Padula ricordano i camion militari, carichi di quello che portavano giù, formare un continuo e rumoroso via vai.

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